«La capitalizzazione dei dati», una monografia di Davide Lamanna

Published: Sep 19, 2023 by Binario Etico

La discussione sui concetti etici nel contesto dell’Open Source, non guida solo la creazione e la condivisione di soluzioni tecnologiche aperte, ma rappresenta anche un pilastro fondamentale per la sostenibilità sociale in un mondo sempre più digitalizzato. In questa intervista, esploreremo il rapporto sinergico tra Open Source e decentralizzazione di infrastrutture con Davide Lamanna, autore di una recente monografia sulla questione, pubblicata sulla rivista “Quaderni della decrescita” e curata da Paolo Cacciari.

1. Davide, nella tua monografia descrivi una società di individui con una esistenza matematizzata sotto il controllo dei Big Tech. Una sorta di incubo orwelliano?

Non esattamente. Il Grande Fratello di George Orwell rieducava i comportamenti attraverso il terrore, per renderli conformi ad un’ideale totalitario di società perfetta a cui sottomettersi. Oggi i Big Tech mirano a trasformare le persone in organismi prevedibili attraverso l’osservazione e il condizionamento dei comportamenti, senza richiedere loro esplicitamente una identificazione ideologica. Al posto dell’obbedienza, perseguono la dipendenza, strumentale all’ottenimento di quote sempre maggiori di attenzione degli utenti, che serve all’estrazione di dati. La matematizzazione dell’esistenza è funzionale al campionamento dei dati da raccogliere ed analizzare. La complessità umana viene ridotta ad un insieme discreto ed enumerabile di comportamenti prevedibili, con margini di errore sempre più irrilevanti.

2. Sostieni che la delocalizzazione dell’elaborazione sia avvenuta con il preciso scopo di dare avvio all’economia dei dati. Ma l’interconnessione tra macchine geograficamente distribuite, propria di Internet, non dovrebbe favorire la decentralizzazione?

Sembra un paradosso, ma se l’elaborazione viene portata altrove solo per tenerla sotto il proprio assoluto controllo nei Data Center, ciò equivale di fatto ad una centralizzazione, volta ad accaparrarsi la materia prima (i dati) da dare in pasto ai mezzi di modifica dei comportamenti (gli algoritmi). I Big Tech hanno centralizzato radicalmente nelle proprie mani l’apparato strumentalizzante, rendendo svantaggioso qualsiasi tentativo di decentralizzare o federare l’elaborazione.

3. E’ possibile fermare l’appropriazione indebita dei dati? A tuo giudizio gli strumenti legali sono efficaci?

Lo strapotere dei Big Tech è effettivamente scaturito da un vuoto legislativo criminosamente sfruttato. Negli ultimi anni, specialmente ad opera dell’Unione Europea, sono state sempre di più introdotte norme e regolamenti volti ad imbrigliare le loro condotte predatrici. Da un punto di vista tecnico, però, non possiamo fare affidamento sulla segretezza dei nostri dati, né tanto meno dei nostri metadati, che sono abusati regolarmente per la creazione di valore economico. Ciò non significa che non si debba continuare a introdurre restrizioni legali, anche perché esse finiscono per favorire l’Open Source che ne è esentato. Occorre però fare molta attenzione nel regolamentare un’industria, quello tecnologica, che necessita di competenze di dominio specifiche e poco diffuse nei contesti di normazione.

4. Se l’unico modo per impedire il data hoarding è decentralizzare e non delegare, immagini un futuro dove in ogni casa c’è un server?

E’ una prospettiva virtuosa, ma certamente non sufficiente ad affrontare le necessità delle comunità, da quelle piccole a quelle più grandi, da quelle private a quelle statali o sovranazionali, fino ai corpi intermedi, la società civile, il terzo settore… Le necessità sono diversificate e certamente ci sarà bisogno di costruire Data Center. E’ un problema di governance, non di scala. Quando parliamo di self-hosting, pensiamo appunto al server nel sottoscala. Ma costruire delle infrastrutture distribuite complesse e gestirle in proprio, rientra perfettamente nel paradigma.

5. Qual è il ruolo dell’Open Source in tale contesto?

Il software Open Source è l’unico che prendo in considerazione. E’ evidente che per ragioni di trasparenza, non è possibile affidarsi a software chiusi. Sarebbe un controsenso costruire una infrastruttura decentralizzata e rispettosa della privacy degli utenti, con un software proprietario. Non avrebbe alcuna possibilità di successo. Chi vorrebbe mai utilizzarla?

6. Perché tra le varie tecnologie Open Source, quelle cloud-native rivestono una tale centralità?

Perché sono la base per la decentralizzazione delle infrastrutture, appunto. Non c’è niente di male nel cloud computing eccetto che viene in massima parte offerto da un ristretto numero di fornitori interessati a far transitare i dati degli utenti nei propri Data Center inaccessibili a chiunque fuorché a loro. L’alternativa è il private cloud, ossia un cloud fatto per se stessi, di cui comunità di ogni ordine e grado possono dotarsi grazie alle tecnologie cloud-native Open Source.

7. Per la AI, l’Open Source e il cloud-native sono sufficienti?

No. I modelli generativi di intelligenza artificiale Open Source sono accessibili e possono essere utilizzati, modificati e distribuiti liberamente da chiunque. Ma serve anche la disponibilità di modelli pre-addestrati disponibili pubblicamente allo stesso modo. È pure necessario che l’addestramento avvenga su dati aperti e accessibili, per garantire trasparenza e partecipazione all’addestramento stesso. L’auditabilità deve essere completa e riguardare i data-set sorgenti, i parametri iniziali delle reti neurali, le informazioni ricevute dall’ambiente di apprendimento e i rinforzi (reward) ottenuti in risposta a quali azioni e in che sequenza. Insomma serve molto di più, e il paradigma Open Source si mostra efficace anche al di fuori del mero codice.

8. Davide, non si parla molto di questi temi al di fuori di ambienti accademici, nella cosiddetta società civile.

La condivisione della conoscenza, il libero accesso alle informazioni sono valori importanti nella filosofia Open Source, verso cui cerco di impegnarmi ogni volta che mi è possibile dando il mio contributo . Parleremo di Open Source, ecosistemi digitali più accessibili, autonomia digitale, infrastrutture distribuite e molto altro il 6 ottobre durante la Milano Digital Week in un appuntamento online. Sarà un’opportunità aperta a tutti e tutte per scoprire come possiamo contribuire a un futuro digitale più soddisfacente. Al talk, dal titolo “Open Source e Decentralizzazione: verso una Coevoluzione Sostenibile” parteciperanno alcuni ospiti che porteranno le loro esperienze ed i risultati delle loro ricerche. Inoltre il 20 ottobre 2023, presso l’Aula Magna della sede ISTAT a Roma, ci sarà la presentazione pubblica dei Quaderni della Decrescita, la pubblicazione che ospita questa mia monografia. Nell’appuntamento dal nome “Siamo Natura o Capitale”, aperto a tutti e che sarà anche trasmesso in streaming, insieme ad esperti e docenti, dedicheremo un’intera mattinata alle sfide sociali poste dalla trasformazione digitale.

Conclusioni

In un mondo in cui la tecnologia evolve a una velocità incredibile, con sviluppi continui che si verificano ogni giorno, la discussione sull’etica e sulla sostenibilità sociale nella trasformazione digitale è di vitale importanza. Abbiamo accesso a un’abbondanza di strumenti e soluzioni digitali, tuttavia, dobbiamo essere pronti a metterci in gioco, rinunciare alle comodità e sporcarci le mani, adottare soluzioni tecnologiche aperte e libere che rispondano alle nostre esigenze specifiche, sia a livello individuale che collettivo. Questo non è solo un appello alla responsabilità, ma un passo fondamentale per preservare la nostra libertà, la privacy e l’etica e per costruire un futuro digitale più equo e inclusivo.

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